BREVE STORIA DEL VINO
pagine utili per poter entrare in maniera competente nel fantastico mondo
del vino
BREVE STORIA
DEL VINO
La storia del vino è un po' la storia stessa dell'umanità. Risulta quindi
difficile tracciarne con precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero,
ogni vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o
meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.
Non pretendiamo con queste poche righe di aggiungere qualcosa a quanto già
scritto o detto da illustri esperti di tutto il mondo. E' nostro intento
soltanto presentare in modo semplice e sintetico le tappe fondamentali dello
sviluppo di questa straordinaria bevanda, nella certezza che la conoscenza,
seppure superficiale, di questo cammino ci permetta di apprezzare e capire
meglio il vino di oggi.
Nei tempi antichi

La storia del vino muove i primi passi in oriente, nella culla della
civiltà. La Bibbia, nella Genesi, ci riferisce di Noè che appena uscito
dall'arca pianta una vigna e ne ottiene vino, fornendoci testimonianza del
fatto che le tecniche enologiche erano ben conosiute già in epoca
prediluviana.
Gli Egiziani furono maestri e depositari di tali tecniche. Con la cura e la
precisione che li distingueva, tenevano registrazioni accurate di tutte le
fasi del processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Ne
abbiamo testimonianza dai numerosi geroglifici che rappresentano con qrande
ricchezza di particolari come si produceva il vino dei faraoni.
Paradossalmente possiamo dire di sapere tutto e niente del loro vino, ovvero
sappiamo come lo facevano ma non possiamo purtroppo sapere che sapore
avesse!
Attraversi i Greci e i Fenici il vino entrò in Europa. I poemi omerici
testimoniano ampiamente la presenza e l'importanza del vino: a Polifemo, ad
esempio, viene propinato puro un vino che secondo le usanze dell'epoca
veniva diluito con 16 parti di acqua! A quel tempo il vino si diffuse
proprio in terre come l'Italia, la Francia e la Spagna che ne sarebbero
diventate la patria.

All'epoca dell'Impero Romano la viticoltura si diffuse enormemente,
raggiungendo l'Europa settentrionale. I più celebri scrittori non lesinavano
inchiostro per elargire i propri giudizi e decantare le virtù dei vini a
loro più graditi. Si scrisse tanto sul vino che oggi non è difficile
ricostruire una mappa vinicola della penisola al tempo dei Cesari. Le
tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli notevole sviluppo: a
differenza dei Greci, che conservavano il vino in anfore di terracotta, i
Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di vetro,
introducendo, o quantomeno enfatizzando, il concetto di "annata" e
"invecchiamento". Fu a partire dal secondo secolo che si cominciò a dare
importanza alla coltivazione della vite in Borgogna, nella Loira e nella
Champagne.
Nel Medioevo

Nei secoli bui del Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì
fortemente sullo sviluppo della vitivinicoltura, così come sullo sviluppo di
ogni altro campo della vita sociale e artistica. Il vino, ma soprattutto il
buon vino, era ancor più sinonimo di ricchezza e prestigio e l'eccellere
nella produzione di qualità divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi
una ragione di vita. I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi
per il loro vino e per il consumo non proprio moderato che ne facevano.
Quando Bernardo, ex monaco benedettino, fondò nel 1112 l'ordine dei
Cistercensi, fu dato ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta
qualità specialmente in Borgogna, obiettivo alimentato anche dalla forte
competizione tra le abazie.
Intanto Bordeaux fa storia a sè, dominata non dal potere ecclesiastico ma da
interessi commerciali con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo
claret o chiaretto. Questo legame vinicolo tra Francia e Inghilterra,
nonostante qualche peripezia, è destinato a durare nei secoli.
Si comincia a delineare fortemente in questi secoli il ruolo centrale della
Francia nella produzione di grandi vini, ruolo che soltanto negli ultimi
decenni ha cominciato a conoscere degni antagonisti, fra i quali l'Italia.
Gli ultimi secoli

Gli ultimi secoli della nostra era sono stati testimoni di uno sviluppo
straordinario delle tecniche vitivinicole. L'arrivo della cioccolata
dall'America, del tè dalla Cina, del caffè dall'Arabia e la diffusione di
birra e distillati nel XVII secolo, rese la vita difficile al vino, che
perse il primato di unica bevanda sicura e conservabile. Questo ha spinto i
produttori a cercare la migliore qualità per competere con i nuovi arrivati.
L'evoluzione tecnologica nella lavorazione del vetro rese più facile la
relizzazione di bottiglie adatte e la scoperta del sughero rese possibile
condizioni di conservazione ideali.
Nella Champagne si cominciò a parlare di un monaco benedettino, Dom Perignon,
famoso per il suo perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario
vino. Molti non sanno che l'obiettivo di Dom Perignon era quello di ottenere
un vino perfettamente fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e
da un terreno che facevano inesorabilmente rifermentare il vino nelle
bottiglie rendendolo spumeggiante.
Nel XVIII secolo si consolidò la tendenza a produrre vini più intensi, scuri
e fermentati a lungo. Cominciò ad affermarsi in questo contesto il porto
come straordinario vino da lungo invecchiamento.
Intanto i grandi Chateau di Bordeaux continuavano a produrre vini di pregio
per i loro migliori clienti, gli inglesi, che non hanno mai potuto contare
su una produzione locale di quantità (e tantomeno di qualità).
Il XIX secolo ha vissuto la massima euforia vitivinicola. L'economia
nazionale di molti paesi si basava sulla produzione di vino. Ma prima della
fine del secolo, doveva abbattersi il grande flagello della filossera, un
parassita che colpisce le radici della vite europea. Quasi tutti i vigneti
d'Europa andarono distrutti o furono gravemente danneggiati. La soluzione ,
non certo indolore, fu quella di ripartire da zero innestando la vite
europea sulla radice americana immune alla filossera.
La rivoluzione industriale ha cambiato, negli ultimi decenni, il mondo del
vino. Grazie alle tecniche di refrigerazione dei vasi vinari, paesi caldi
come la California e l'Australia hanno cominciato a produrre vini
eccellenti, grazie anche a uve di eccezionale qualità. Il Nuovo Mondo ha
avuto la capacità, grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti, di
imparare in fretta e raggiungere risultati straordinari in pochissimo tempo.
La situazione in Italia

Nel nostro paese si è sempre pensato di saper fare il vino meglio degli
altri. Senza dubbio l'Italia è un paese strordinarimante vocato alla
viticoltura (non dimentichiamo che i Greci la chiamavano Enotria, terra del
vino). Purtroppo però questa vocazione del territorio non è stata mai
sfruttata appieno. Pesano come un macigno le parole di quel viticoltore
francese che negli anni '50 disse al grande Veronelli: "Voi da uve d'oro
fate vini d'argento, noi da uve d'argento facciamo vini d'oro". Purtroppo
aveva ragione. Dal Medioevo a oggi in molte zone d'Italia è cambiato ben
poco nel modo di allevare viti e fare vino. Per i più, vige ancora la
cultura del "vino del contadino" come massima lussuria enologica, finendo
per scambiare per buon vino prodotti instabili e spesso maleodoranti.
Da alcuni anni per fortuna qualcosa sta cambiando. Sempre più aziende
cominciano a lavorare sulla qualità, sulla bassa resa per ettaro e
sull'applicazione di criteri scientifici in fase di vinificazione. Così al
fianco di Sassicaia, Tignanello e compagnia stanno sorgendo una gran
quantità di vini eccelenti che nulla hanno da invidiare ai grandi vini
francesi, californiani o australiani.
Il potenziale dell'Italia vitivinicola è immenso e le aziende l'hanno
capito. D'altra parte i consumatori si dividono ancora in "bevitori" e
"degustatori", i primi (ancora la maggioranza) affezionati al vino della
casa e un po' incuranti della qualità, i secondi più consapevoli del fatto
che il vino può essere un'opera d'arte.
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